Il flow nella pallacanestro (ti racconto la mia esperienza)
Il flow nella pallacanestro (ti racconto la mia esperienza)

Il flow nella pallacanestro (ti racconto la mia esperienza)

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Il flow – lo stato di massima concentrazione – è uno stato mentale in cui lo sportivo (e non solo) si trova quando tutto scorre via alla perfezione; quelli bravi dicono che è uno stato in cui sei un competente inconsapevole (in giallo nel grafico).

Ho potuto sperimentare lo stato di flow quando giocavo a pallacanestro, ma ho imparato cosa fosse solo alcuni anni dopo avere appeso le scarpe al chiodo, grazie nientemeno che a Sandro Gamba

Il flow nella pallacanestro – come in qualunque altro sport – è uno stato in cui tutto riesce alla perfezione e non ti rendi conto del tempo che passa o di altri elementi esterni. Ma lascia che ti racconti…

Il giorno della partita, la mia routine di preparazione (e di avviamento dello stato di flow) iniziava verso metà pomeriggio.

Intanto: di studiare non se ne parlava proprio!, sia al Liceo che all’Università…

Di solito giocavamo al venerdì sera, qualche volta al sabato pomeriggio ma era occasionale.

Iniziavo preparando il borsone: scarpe, calzettoni (allora mettevamo quelli che arrivano fin sotto al ginocchio), completo da casa o da trasferta (a seconda), tuta.

Poi ovviamente: ciabatte e accappatoio per la doccia, biancheria di ricambio, docciaschiuma.

Ah, dimenticavo: le fasce per le caviglie. Dopo le prime distorsioni presi l’abitudine di portarmele e fasciarmi la caviglia più sofferente (anche se giocavo con le scarpe alte).

Infine una serie di ammennicoli e dettagli tipo: cerotti, fasce elastiche per le dita (se mi fossi “incassato”), paradenti, polsini.

Ecco, così la borsa era al completo.

Poi la merenda: abbondante (se i miei avevano fatto la spesa…). Non potevo certo arrivare alla partita senza “carburante”!

E si iniziava con la musica in cuffia: pile, walkman (i meno giovani se lo ricorderanno, e ce l’ho ancora!) e cuffie in testa. Heavy Metal a tutto volume fino al momento in cui raggiungevo i miei compagni.

Mentre ascoltavo la musica, immaginavo come sarebbe potuta andare la partita: gli schemi, gli avversari (se li conoscevo), i miei movimenti preferiti (soprattutto d’attacco, perché in difesa non è che fossi un gran che…).

Arrivavo così nello spogliatoio in uno stato di semi-torpore: potevo sentire le voci dei miei compagni e quella dell’allenatore ma poco altro.

Lo stretching mi aiutava molto e cercavo sempre di farlo bene: così potevo entrare meglio in contatto con le sensazioni che il mio corpo mi dava.

La mia concentrazione così aumentava sempre di più.

La “ruota” serviva per prendere confidenza col canestro (soprattutto in trasferta), e scatenare un po’ di atletismo; ma scaricavo anche della tensione negativa.

Poi l’allenatore ci chiamava, sceglieva il quintetto base e via!

Ciò che più ricordo di quei momenti è che gli spettatori sulle tribune diventavano come muti: hai presente quando togli l’audio alla tv? Ecco, la stessa cosa.

Riuscivo a sentire solo le indicazioni del mio coach, i miei compagni e i fischi arbitrali.

Il resto era come avvolto e ovattato in una sorta di insolito torpore.

Certo non era sempre e solo così: nello stato di flow si entra e si esce costantemente, dipendendo dalle situazioni e dall’andamento della partita.

A volte non riuscivo proprio ad entrarci e – guarda caso – si trattava proprio delle mie peggiori partite.

Troppa tensione, pensieri negativi ma – soprattutto – nessuno che mi potesse aiutare.

Il flow nella pallacanestro – come in qualunque altro sport o situazione in cui è richiesta un qualche tipo di performance – è un momento magico!

Sapere come raggiungerlo, o come “riprenderlo” se ne sei fuori è di grande importanza per elevare il livello di ciò che fai, quindi dei risultati che ottieni.

Sai come fare?

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Massimiliano

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